Un’inglese in vacanza

28 settembre 2015

“Prova l’insalata di mare, è buonissima!”
“Mah, veramente non è un granché”
(le mie percezioni, a quanto pare un po’ alterate)

Pensavo che vivere a Siena mi avrebbe da subito dato una sensazione di casa, di normalità, di qualcosa di già conosciuto e perciò non così emozionante.

E invece io non sono io, capito? Non sono un’italiana in patria, io, non più! Io sono un’inglese in vacanza, e per quanto mi dispiaccia ammetterlo e mi crei delle crisi d’identità, la verità è innegabile: io sono una mancuniana fortunata in gita nelle terre del Chianti, ok?

Trovo tutto bellissimo, ma proprio stupendo. Vedo i pavimenti lastricati del Medioevo e la potenza della storia mi assale; visito Santa Maria della Scala e quando mi dicono che il portone è stato aperto per 800 anni e dunque la chiave è andata persa mi emoziono fino alle lacrime; siedo a terra in piazza del Campo sorseggiando uno spritz al sole e mi invidio da sola per la figaggine del mio aperitivo.

Penso agli amici a Manchester che stanno combattendo contro il maltempo, li immagino andare al pub a bere un vino schifoso e costosissimo, li vedo sommersi dal grigiore e li vorrei qui con me, baciati dal sole.

Di sera, dopo cena, stare a casa mi pare uno spreco e allora vado a passeggio nelle altre contrade, fotografo i vicoli, mangio un gelato e sorrido, sorrido e trovo tutto incredibilmente affascinante.

Sono stata anche a Firenze ed era meravigliosa. Ho mangiato al mercato e tutto era buonissimo: il pesce, il vino, gli arancini. E i profumi erano golosissimi e le vetrine del centro raffinatissime e la gente locale bella, abbronzata, serena. E io ero pallida, eccitata, smarrita.

Siena, Firenze, la Toscana sono posti che conoscevo nella mia vita pre-Manchester. Posti che trovavo normali, così come i loro cibi, gli abitanti, le giornate vissute all’aperto.

Oggi è tutto diverso. Meravigliosamente diverso. Di una bellezza commovente che mi fa bene al cuore e mi mette di buon umore.

L’autunno arriverà e la sensazione di essere in vacanza lascerà il posto alle angosce della disoccupazione. Ma non è ancora il momento. Allora mi godo la sorpresa, il piacere, l’incanto di essere qui e di trovare le mie giornate incredibili e speciali.

 

L’ultima cena

24 agosto 2015

Vabbè. Non proprio l’ultima, ma quasi.

Ho mangiato avanzi per svuotare il frigo. La casa è vuota. I pacchi sono stati ritirati dal corriere e le valigie sono in piedi davanti alla porta.
Domani vado all’ultimo giorno di quello che potrebbe essere l’ultimo lavoro decente della mia vita. E dopodomani addio tutto.

Va bene così perché l’ho voluto io.
Non amavo questa vita e ho scelto di cambiarla.

Sto per partire per quel viaggio di ritorno che ho aspettato tantissimo. Una cosa, però, è preoccupante: che mente i miei amici italiani festeggiano e preparano il mio arrivo, io sono tesa e ansiosa. Non so cosa succederà e se mai riuscirò a costruirmi quel minimo di sicurezza che mi serve per vivere serenamente. Quella per cui parto – o meglio, torno – è un’avventura al pari di quella nella quale mi sono buttata alla mia partenza per Manchester.

Vediamo cosa succede.
Intanto stasera fotografo l’ultimo tramonto da casa mia.
Domani saluto gli amici e dormo su un divano, e mercoledì inizio la mia nuova vita.

E scriverò anche da quella.

Tramonto a Salford, 24.08.2015

Ho la casa-pacchi. Siedo sui pacchi, mentre guardo un orizzonte di pacchi e la luce dalle finestre filtra a spiragli in mezzo a montagne di pacchi.

Tutto quello che ho è incartato, e onestamente mi sento un po’ incartata anch’io. Intrappolata in una giungla di…pacchi! Come sapete, ho comprato un biglietto di solo ritorno, e i pacchi sono quello che mi tocca prima dell’agognato (e molto temuto) rimpatrio.

Intanto continuo a lavorare. Al mattino tiro fuori il tailleur da una valigia, recupero i trucchi da un piccolo pacchetto, scavalco alcuni pacchi più grandi ed esco. Poi la sera rientro e faccio altri pacchi.

Continuerà così per qualche altro giorno. Tra oggi e la partenza ci saranno: almeno 8 ore quotidiane di lavoro, almeno un altro riempimento di pacchi al giorno, e alcune feste/cene/sbornie di addio.

scatoloni del mio trasloco

Non ho tempo per pettinarmi, cucinare o dilungarmi sui dettagli. Solo per una cosa ho tempo: il QUIZZONE!

Secondo voi, e senza alcun indizio, dove sto per andare a vivere?

Risposte nei commenti!
(voi lettori che lo sapete, ovviamente, non potete rispondere! però se vi va potete dare qualche enigmatico indizio!)

Chi vince riceverà la mia prima cartolina dalla mia nuova città!

Via al quizzone!!

Contromano

27 luglio 2015

Non c’è modo di sapere se sia la scelta giusta o una cazzata di proporzioni storiche. Non posso saperlo adesso e nemmeno a breve. Il tempo delle valutazioni verrà, non è di certo adesso.

Potrei stare dove sto e avere la vita facile.

Una casa piccola ma che mi riflette molto, coi quadri alle pareti che raccontano la mia storia.

Un lavoro fatto tra gente che mi stima e mi rispetta, con colleghi simpatici, ritmi frenetici ma tutto sommato sopportabili e la sicurezza di poter crescere professionalmente nella direzione più affine alla mia indole e ai miei interessi. Uno stipendio cui non osavo nemmeno aspirare.

Potrei andare in banca, chiedere un mutuo e comprarmi una casa. Senza l’aiuto di nessuno, senza l’ansia di non farcela, senza l’umiliazione di dover chiamare i miei genitori a firmare per me. Come un’adulta.

Potrei continuare questa vita facile facile e senza intoppi. Vacanze esotiche ad ottobre e il resto dell’anno speso nella mia isola di tranquillità.

Un’isola circondata da un oceano di solitudine. Una vita spesa a sedere su una bella poltrona al centro di una grande casa vuota.

Aggrappata alla speranza che gli amici di sempre restino tali e ricordino il mio compleanno. Con un occhio al calendario e uno al sito di Ryanair per prenotare i rientri, incastrarli con quelli altrui, non deludere nessuno e condensare il poco tempo a disposizione.

Sorridere due settimane all’anno tra i profumi della famiglia, i paesaggi conosciuti e le memorie dei sentimenti più forti. Per poi tornare nella bella casa vuota. A condurre una vita senza relazioni ed evidentemente insignificante.

Non fa per me.

E allora la decisione è presa.

Ho disdetto la casa coi quadri che raccontano la mia storia. Ho scritto l’ennesima lettera di dimissioni. Ho chiuso i contratti delle bollette e presto chiuderò anche, finalmente, l’ombrello.

E ho comprato un biglietto di solo ritorno.

Ho affittato una casa in una città dove non ho mai vissuto prima, ma è in Italia e non mi fa paura. Ho già invitato degli ospiti e i primi dormiranno con me quando non avrò ancora nemmeno un letto.

Non so se troverò un lavoro e questa è la cosa che mi fa più paura. Ma non posso continuare a vivere a Manchester solo perché ho paura. Non voglio una vita tranquilla, voglio una vita vissuta in mezzo agli altri. Voglio essere parte di una cosa, di una famiglia, di una serie di inviti a cena, di uscite improvvisate e incontri fugaci. Non soltanto di una chat su WhatsApp.

Torno a casa tra un mese.

Senza un piano, ma con la certezza che buttarmi valga la pena.
Ho paura di quello che succederà, di sbattere la testa contro una realtà che mi pare meno tragica perché non me la ricordo. Ho paura che questa scelta si riveli una stupida illusione e che in poco tempo sarò costretta a fare di nuovo i bagagli e tornare indietro.

Ma lo devo fare e lo faccio.

Lascio le aride garanzie della mia vita inglese e vado alla ricerca della vera me.

But did you imagine it in a different way?

 

Lying on a wall

19 luglio 2015

Il problema è semplice: non so stare nelle situazioni di transito.

Chiunque dica di godersi il viaggio perché è più importante della meta, mah, non so come faccia. Io devo arrivare. O qua o là, poi sto bene, ma il momento del transito lo trovo sfiancante. L’incertezza di non sapere cosa succederà e che aspetto avrà il nuovo mi crea degli stati d’animo che non so gestire. Sono impaziente e preferirei trovarmi a ballare un ballo che non conosco anziché stare qua ad aspettare che la musica inizi.

Ma sono nell’attesa e allora mi chiudo in questo mutismo.

Delle cose stanno cambiando e io alterno momenti di leggerezza e fatalismo a ore di disperata preoccupazione.

Ho cercato ostinatamente questa rivoluzione, ma la gestione del processo è complicata e finché la mutazione non sarà completa io sarò un uomo steso su un muretto ad aspettare il momento giusto per riprendere il viaggio.

 

Man lying on a wall, L.S. Lowry, 1957

Man lying on a wall, L.S. Lowry, 1957