Aut Aut*

3 aprile 2014

*Questo post partecipa al progetto Immigration di Ester Marano
per il Festival Propagation of Energy, Venezia 11/13 Aprile 2014

Propagation of Energy Festival

Quando sono partita per Manchester la sensazione era di aver preso una decisione molto importante in un tempo molto piccolo. Pensavo di aver fatto le valigie in quattro e quattr’otto senza essere stata a rifletterci troppo. Pensavo che la mia partenza fosse stata una diretta derivazione di pochi fattori che si erano sistemati in modo da tracciare una via irrinunciabile: perdita del lavoro, trasloco inevitabile, fidanzato direzionato verso Manchester.

E invece non era così. Quelli sono stati solo gli episodi scatenanti. Latente, da molti anni oramai, c’era la consapevolezza di non stare bene, di aver bisogno di cambiare aria e soprattutto di smettere di vivere l’umiliazione quotidiana di lavorare in Italia, con una paga che non era uno stipendio, senza ferie, senza permessi, senza malattia, senza orari stabiliti, senza poter mettere da parte un soldo. La mia non-carriera italiana, fatta di lavori che mi piacevano molto e non pagavano e lavori che non mi piacevano e pagavano poco, e di ferie dal primo lavoro per andare a fare il secondo, mi aveva stancato. Era chiaro che “fare gavetta” era una frase vuota. Perché quando esperienza, responsabilità e competenze aumentano mentre lo stipendio e i diritti diminuiscono, quello non si chiama gavetta, ma sopraffazione.

Così sono partita per Manchester: ho colto un’occasione, non ho risposto a un’esigenza intrinseca del mio carattere.
Appena dopo l’università avevo già fatto un’esperienza di qualche mese all’estero per imparare l’inglese, avevo già considerato la possibilità di trasferirmi più o meno definitivamente lontano dalla terra madre, e l’avevo già scartata. Volevo vivere in Italia, cioè nell’unico posto dove mi sentissi a casa. Per via degli amici di sempre, della famiglia, dei sapori conosciuti, delle stagioni con temperature alle quali il mio corpo era abituato, e soprattutto di una lingua e di una cultura familiari e nelle quali mi sentivo a mio agio, consapevole che quella stessa sensazione di appartenenza mi sarebbe stata impossibile in qualunque altro posto.

Dal momento in cui sono arrivata a Manchester, o forse anche da prima, ho un po’ invidiato gli altri espatriati che invece erano partiti per il piacere della scoperta, per necessità di avventura o per il gusto di confrontarsi con qualcosa di inaspettato. Io ero partita perché sconfitta.

Non riuscivo a lavorare dignitosamente e non avevo ancora trovato il modo di vivere senza dover lavorare. Ogni mattina mi svegliavo sotto un sole caldo e una bellissima luce gialla che non riuscivo ad apprezzare perché coperti dal grigio delle mie preoccupazioni, da un affitto in nero che portava via metà del mio magro stipendio, dai soprusi e i bullismi di un ufficio incapace di programmare e pensare sul lungo periodo. Ogni sera tornavo a casa stanca solo per affrontare la parte più avvilente della mia giornata, la ricerca on-line di un lavoro migliore che però non trovavo mai. Ogni weekend rinunciavo al riposo cercando di trovare un modo per dare una svolta alla mia routine insensata.

Poi è capitata l’occasione, sono partita per Manchester con tutta l’ansia dell’incognita e tutta la pesantezza della sconfitta. Perché ho proclamato per anni l’inutilità del lavoro e la centralità di una vita il più possibile ricca di relazioni sociali; e alla fine ho mollato le relazioni sociali e sono partita alla ricerca del lavoro. Avevo con me il mio fidanzato, dunque non partivo sola, ma a parte lui avrei dovuto costruire tutto da capo. E avrei dovuto impegnarmi senza sosta per mantenere vivi, sebbene a distanza, i miei rapporti della vita precedente, che ritenevo essere la mia vita vera.

Ora sono a Manchester, a vivere quella che chiamo “la mia nuova vita” da tre anni e che dunque poi tanto nuova non è più. Ma è tuttora l’altra vita, come è tuttora l’altra città, l’altra lingua, l’altra serie di abitudini e di conoscenze.

Qui ho un lavoro dignitoso. Qui ho scoperto cosa vuol dire affittare una casa anziché solo una stanza. Qui ho guadagnato abbastanza da poter andare in vacanza, ho assaporato il piacere del tempo libero e mi sono sentita adulta, laddove in Italia ero in uno strano limbo nel quale avevo superato la condizione di studente, ma non ero ancora arrivata alla totale indipendenza.

Qui sono una cittadina con dei diritti chiari.
Ma sono sola, straniera in una cultura diversa, tranquilla ma mai totalmente a mio agio, aliena.

Alla fine il risultato che è in Italia mi mancava una base stabile sulla quale costruire una vita serena, mentre in Inghilterra mi manca la vita sociale di sempre da appoggiare sulla solida base che è stato facile ottenere.

Credo ancora che i rapporti siano molto più importanti della stabilità economica e ho in programma di rientrare in Italia. Rientrerò. Riaffronterò tutte le amarezze e le difficoltà della vita che ho lasciato qualche anno fa e mi ri-immergerò, finalmente, nella mia cultura.

Chissà se poi dopo un partirò di nuovo.

(Leggi anche: Andare via dall’Italia)

13 Risposte to “Aut Aut*”

  1. Mousymouse said

    Pensaci bene, qui non c’è proprio niente

  2. mari said

    Un abbraccio molto stretto, donna bella e coraggiosa.

  3. cri said

    sono tornata da un viaggio e non sono triste perchè Leggere che tornerai mi fa respirare di nuovo.

  4. Piero said

    Bel post, ti seguo da molto, anche se spesso non la penso come te (anche io sono all’estero).

  5. Giovy said

    Smila, non tornare. Fatti un piacere e resta là.

  6. ….non sai quanto mi ci ritrovo -> “non-carriera italiana, fatta di lavori che mi piacevano molto e non pagavano e lavori che non mi piacevano e pagavano poco”

    te lo devo dire, mi piaci perché in molte cose ti sento vicina ma mi dispiace molto che non ti sia mai sentita bene all’estero. Si sente che hai tantissime buone qualità e tu stessa racconti di come fossero sprecate in Italia.
    Leggere di come sei riuscita a costruirti il tuo spazio a Manchester è meraviglioso, mi dava speranza dal momento che io ancora di strada da fare ne ho (forse anche perché vivere fuori dall’Europa è molto più difficile, con i visti da rinnovare).
    Invece, tutta questa nostalgia e adesso il rientro…. non dico che stai sbagliando, perché ovviamente ognuno sceglie di vivere come vuole, però mi dispiace, lo ammetto.
    In effetti, sono sempre più convinta che per vivere fuori dal proprio paese si debba avere un minimo di spirito di avventura e non solo l’ansia della fuga, conosco molti qui che si lamentano che gli manca l’Italia, e l’unica cosa che vorrei rispondergli è “torna a casa!”.

  7. Scrivi e sembra di conoscerti da sempre… grande Smila!

  8. Francesco said

    Ciao Smila, trovo molto funny and enlightening i tuoi pezzi.. how could it be possible to express in english language my idea… I’ll try… “pieces of rare and bright cleverness with scattered drops of humour and deep consciousness”.. spero di aver trasmesso in poche parole il mio apprezzamento per il tuo modo di scrivere… lo dico con sincerità.. complimenti.. è un piacere leggere il tuo blog.. anyway.. io sono tra quelli che sono alla ricerca di un futuro migliore, si perchè purtroppo conosciamo bene i pregi ed i difetti della nostra amata Italia, io al momento un lavoro ce l’ho (i dislike it but it’s always a job) che mi permette di sopravvivere, però non so come dire… hai presente quel senso di spazio esistenziale, no meglio dire vuoto esistenziale, tra il nostro intelletto/la ns. anima (che riteniamo in qualche maniera unico/a e incompreso/a) e la mentalità dilagante ? Ecco proprio questo spazio mi sta spingendo da… 2 anni forse, a sognare un futuro diverso in uk.. non dico per forza migliore, dove guadagno più soldi, o copro chissà che ruolo lavorativo… ma semplicemente diverso, più ricco interiormente, più appagante, più stimolante, più “international”… il mio inglese è “nato” durante gli anni universitari… che bei ricordi quando durante il lettorato la teacher inglese talked to us with such a beautiful and melodious accent, cercando di accendere in noi (students) la passione per una lingua “internazionale”… e quanto fesso fui io (lo dico e lo sottolineo) a studiare l’inglese come fosse un’esame come gli altri e non invece finire l’università e cercare la mia strada abroad… ma con il senno di poi (bla bla bla… 🙂 ).. detto questo… credo che sia proprio la latente insofferenza verso qualcosa che ad un certo punto ci spinge a cambiare noi stessi, a cercare qualcos’altro e ci vuole tempo per maturare la consapevolezza di essere nel posto sbagliato, all’inizio è solo una leggera e impercettible senzazione di squilibrio, finchè finisce che ti senti estraneo e cominci a pensare a dove emigrare… ^_^ e qui arrivo io… ormai penso di aver raggiunto la “maturità” di tentare l’esperienza all’estero… per cui nel prossimo futuro mi organizzerò per seguire finalmente i miei sogni… incurante delle incertezze… perchè to shape our future we have to face and defy our fears and forge what it is uncertain! Scusa per la lungaggine, mi sono fatto prendere dallo scrivere, piace anche a me come attività di svago e “approfondimento culturale”. Beh spero di leggere una tua risposta e magari scambiarci due idee su qualce argomento, comunque se posso magari più avanti ti chiederò qualche info in più su Manchester, ovviamente ciò che non trovo già descritto sulle tue preziosissime pagine del blog!! Thanks you so much for the time you have dedicated to read my text and have a good week. Bye.

    Francesco.

  9. Natalia pi said

    Ciao gigia, anche se non ti ho mai incontrato ti reputo una cugina di blog, lo sai che sei una delle mie cocche, no? Proprio in quanto cocca, mi spiace sempre, quando leggo che sei insoddisfatta, o triste, o che ti manca casa. Sono tutte cose che capisco pure io, fanno parte dell’esperienza dello stare via. Un amico che vive via da anni era tornato a casa, qualche anno fa, per poi scappare urlando e tornare da dov’era venuto… Sai qual è il problema secondo me? È che in Italia pensiamo di avere una vita fichissima, e per molte cose lo è, ma quando te ne vai ti accorgi che tante cose, in Italia, così fighe non sono. A me l’espatrio è capitato, perché vivendo a Istanbul ho visto che stando via potevo vivere meglio e più comodamente, risparmiando soldini. Sono tornata a Milano, ci ho tentato, mi è andata meglio che a tanti altri… Ma per me costava troppo. Non voglio ridurre tutto alle cose materiali, ma se mancano quelle è difficile godersi il resto. E poi molti amici italiani non mi sono piaciuti, nel loro rapportarsi all’Asburgico, che non parlava ancora italiano al suo arrivo. Ho visto troppi comportamenti del kadzo. Quindi ridendo e scherzando sono via da una cinquina d’anni, e a tornare non ci penso proprio. Mi rende triste, pensarlo… Parte del problema, per me, è che quando torno a Milano mi sento comunque un po’ fuori posto, forse perché sono via da un po’. Quindi, fuori posto per fuori posto… Meglio fare la giovane marmotta e buttarsi all’avventura! Per ora Bangkok sta funzionando benino. Anzi, più che benino, sto bene qui. Ne scriverò presto.

  10. tortellini e crescentine a volonta' said

    ti quoto “l…e non avevo ancora trovato il modo di vivere senza dover lavorare. ” EXCUSE ME, perche’ ora lo hai trovato il modo di vivere senza lavorare? E non me lo dici? Eccheccavolo…
    Vabbe’ che bel post, sempre diplomatica, ti apprezzo molto anche per questo. La realta’ dei fatti e’ che quando sarai qui da 11 anni..non sara’ piu’ un gioco; essere immigrati e’ dura. Ogni giorno porto enormi mattoni sulle spalle : la discriminazione sul lavoro, il razzismo, le offese subdole e quelle dirette. E poi la finisco qui perche’ essere negativi attira solo cose brutte,
    Io tornerei domani in Italia, se non stasera stessa. Ragioni: perche’ vorrei appartenere al luogo dove vivo, parlare la mia lingua, non essere sempre il “token” di diversity, buttato li’ perche’ una straniera dobbiamo averla e quindi meglio questa qui Italiana piuttosto che un’Africana(ipocrisia British ragazzi miei..). Vorrei tanto uscire di casa almeno una settimana di seguito senza vedere grigiore, pioggia, facce brutte e pallide, imbruttite dall’alchool e dalla miseria. Io devo rimanere per amore, almeno qualche altro anno finche’ lui non si decide (io , come ho gia’ detto, partirei questa sera).
    Tesorona ho la catena proprio giu’ a terra come diciamo a Bologna…….
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