Manchester City – Napoli

16 settembre 2011

Pensavo che sarebbe stato un té con Elisabetta o una maratona di fish’n’chips, e invece il primo grande evento della mia vita in Inghilterra è stato allo stadio. Lo so, non è da me, però quanto mi è piaciuto!

Io non sono tifosa e non seguo il calcio quasi per niente. A Roma sono stata all’Olimpico solo due volte, per sentire i REM e i Depeche Mode. Però vabbé, in città c’era questo grande happening e allora siamo andati, ovviamente nel settore del Napoli.

E’ stata un’esperienza illuminante.

Ho capito perché allo stadio ci si picchia, ho capito gli hooligans e sono stata presa da un’indegna febbre di odio per i miei avversari e dall’ansia da crepacuore per ogni tiro in porta o calcio di punizione (oddio, lo so, fa effetto anche a me usare questi termini). Ho capito che allo stadio non serve nemmeno essere un vero supporter di una squadra per volere il tracollo degli avversari, basta che ti facciano sedere in un settore piuttosto che in un altro e tu automaticamente tifi per quella squadra e attacchi a insultare pesantemente gli altri. Oltretutto al Manchester City non ci sono barriere a dividere le tifoserie il che vuol dire che gli altri li hai lì a portata di mano che ti insultano e ti fanno i gestacci e tu, senza sapere come, ti trovi a pensare “adesso questo lo sfondo di mazzate”, anche se il motivo non è chiaro.

Ho capito anche che la partita dura 90 minuti perché il tifoso non potrebbe reggere di più, rischiando la morte per infarto tanta è l’esagitazione. Ho capito che quando il commentatore del Napoli l’anno scorso diceva “seppelliteci qui” era in senso letterale perché quando la tua squadra segna rischi davvero di morire di esultanza. Ho capito che guardare tutta la partita in piedi sui seggiolini reclinabili è una cosa da equilibristi e che si rischia di cadere con effetto domino su tutte le altre file. Ed è stato esilarante vedere che al fischio di fine primo tempo tutti i 40mila tifosi dell’altra squadra si sono alzati, mentre i tifosi del Napoli finalmente si sono seduti per fare anche loro i meritati 15 minuti di riposo.

Mi sono divertita molto. Ora chiamo Elisabetta e la invito per il té.